Un meraviglioso saggio che vi porterà dietro le quinte delle fiabe.
Attraverso Storia della fiaba, genere pedagogico di Alan Rossi ripercorreremo non solo la nascita e la crescita del genere fiabesco, sicuramente influenzata anche dai bisogni delle distinte ere, ma ne capiremo anche le battaglie, gli studi, gli approfondimenti, la struttura e l’importanza sia di contenitore di tradizioni e racconti popolari, che altrimenti andrebbero persi insieme ad alcuni piccoli pezzi della cultura dei popoli, ma soprattutto del rilievo nell'istruzione e nell'educazione delle persone, non per forza solo dei bambini.
L’interesse di Alan Rossi verso le fiabe come mezzo espressivo ed educativo nasce dall'esperienza dello stesso autore. Lui è un maestro di una scuola che aderisce al programma educativo e rivoluzionario denominato “senza zaino”, ovvero un progetto strutturato sugli insegnamenti dei migliori studiosi dell’infanzia, tra cui la Montessori, in cui l’approccio allo svecchiamento di un sistema scolastico che non funziona più è all'apice della piramide educativa, dove l’insegnante è l’educatore e non il leader indiscusso e rende partecipi gli alunni nel quotidiano scolastico, regolando anche, tramite appositi studi della fonetica, il volume degli interventi in aula.
Rossi nel suo percorso di studi ha potuto approfondire la potenza pedagogica delle fiabe, anche tramite una perenne interrogazione personale sul come interagire meglio con i propri alunni e ha trovato nelle fiabe un mezzo educativo coinvolgente e stimolante; così tramite il suo saggio vuole condividere con il mondo tutto ciò che i suoi studi e le sue esperienze gli hanno insegnato.
Mentre nell'apologo gli insegnamenti morali e pedagogici sono espliciti e non trovano perciò un’interpretazione personale, nelle fiabe il lettore può accostare la narrazione al proprio vissuto e compararlo alle proprie esperienze, perciò la morale può essere individuale e lasciata in balia della creatività soggettiva e della fantasia.
La fiaba, negli anni, si dimostra uno strumento pedagogico eccelso, non solo per gli insegnamenti o per la morale, tra l’altro non sempre presente, ma anche come incoraggiamento ad affrontare le proprie paure, a non abbattersi dinnanzi agli ostacoli e soprattutto, come insegnamento della lingua, anche tramite un linguaggio più creativo, accompagnando il lettore nel sentiero ludico ed estetico della parola.
Con il passare degli anni, la fiaba diventa un’entità distinta, con la sua struttura, la sua storia ed evoluzione e le sue lotte. Sì, le sue lotte, poiché spesso ciò che non si capisce si divina come nemico e si combatte e neanche la fiaba è immune alla giostra dell’ignoranza, perciò nascono i suoi primi antagonisti. Per non essere ridondante ne nominerò giusto due, quelli che a mio parere sono i più interessanti, il primo è la Riforma Gentile entrata in vigore durante il ventennio fascista, che allontanava le fiabe dal loro compito pedagogico per far intraprendere loro un compito molto meno nobile, ovvero la fascistizzazione educativa. Come secondo esempio abbiamo un pensatore ottuso, un certo Benedetto Croce. Lui si propone come uno dei suoi maggiori antagonisti e addita le fiabe come letteratura minore. Le definisce prive di arte e asserisce che questo genere è addirittura un ostacolo insormontabile all'elevazione artistica. Però, di fronte Alle avventure di Pinocchio di Collodi, non potendo dar credito alla propria tesi, cerca di autoconvincersi che non si tratta di un’opera per l’infanzia, poiché troppo pregevole sul piano strutturale. Insomma, Croce nonostante si atteggiasse a critico, con le sue tesi mostrava evidenti limiti mentali e una taratura dell’intelletto che avrebbe potuto curare semplicemente con le fiabe.
L’Italia aveva bisogno di un’alfabetizzazione, le favole e le fiabe erano uno strumento ottimo per svolgere questa missione, ma non potevano essere l’unico. Alberto Manzi, anche conosciuto come il maestro Manzi, usa a scopo benefico la sua laurea in pedagogia e filosofia e la specializzazione in psicologia per portare l’istruzione in televisione, grazie al programma Non è mai troppo tardi, molto seguito e fondamentale per tutte le persone che non avevano potuto studiare. Il volgo tornava dai campi e dalle fabbriche e all'unisono si piazzava di fronte alla tv per istruirsi. E le lezioni di Manzi, essendo basate su un linguaggio semplice e l’uso di disegni a esplicitare il concetto, erano un metodo molto valido. Se pensiamo a programmi dei nostri giorni come Uomini e donne e talent show vari, forse ci rendiamo conto dell’enorme passo indietro del palinsesto televisivo. Comunque, Croce non è l’unica mente ottusa che pur spacciandosi come propagatore di cultura ne ostacolava invece il corso; infatti, anche il maestro Manzi non fu immune a questa calamità. Manzi durante la sua carriera di precettore si rifiutò di compilare le schede di valutazione sostenendo: «Non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento; se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest'anno, l'abbiamo bollato per i prossimi anni», questo rifiuto gli costò la cattedra e nonostante le sue enormi capacità fu allontanato dall'insegnamento. L’anno successivo, dopo parecchie pressioni della scuola per ottenere le schede di valutazione, il maestro Manzi non cambiò la propria idea e sulle suddette schede scrisse: «Fa quel che può, quel che non può non fa».
Persone come Alberto Manzi dovrebbero essere un esempio per tutti gli insegnanti. Con la sensibilità espressa nel suo saggio, l’attenzione al proprio ruolo di precettore e l’analisi attenta che ha portato al genere fiabesco, Alan Rossi dimostra che le speranze per un sistema istruttivo più adeguato ai bambini non sono ancora morte, anzi attraverso questo saggio traspirano pulsanti come non mai.
Nell'ultima parte della sua opera, Rossi approfondisce Roberto Piumini e analizza dettagliatamente il testo Le tre pentole di Anghiari, che per chi non lo conoscesse, spiegherò in breve in questo articolo.
Ad Anghiari, in Toscana, il demonio Santaran è attirato da tre pentole di rame e le rende diaboliche, lo stesso giorno la moglie del pentolaio scopre di essere incinta. Il figlio verrà chiamato Gianfino e qualcosa fa presumere che abbia ereditato l’influenza diabolica di Santaran. Gianfino è un burlone, questo suo atteggiamento lo farà allontanare dal paese e porterà con sé le tre pentole. Durante l’esilio supererà delle prove sempre più complicate, ricavando da ognuna di loro dei risultati e crescendo anche grazie al potere magico delle pentole, finché non sventerà una guerra imminente nelle vicinanze di Anghiari e i suoi compaesani lo riaccetteranno e nomineranno eroe.
Voglio concludere questo articolo mostrandovi l’estetica scrittura di Piumini e l’innovazione e sperimentazione del linguaggio portata nei suoi testi con la sua filastrocca: Pierluigino affamato, che termina evocando il silenzio con l’onomatopeico “sssss…”
Pierluigino affamato di Roberto Piumini
Pierluigino affamato proprio tutto si è mangiato
solo il nome gli restò e la O lui si mangiò.
Pierluigin affamat prpri tutt si è mangiat
sl il nme gli rest e la T lui si mangì.
Pierluigin affama prpri u si è mangià
sl il nme gli res e la A lui si mangì
Pierlugin ffm prpri u si è mngì
sl il ne gli res e l M lui si mngì
Pierluigin ff prpri u si è ngi
sl il ne gli res e l F lui si ngì
Pierluigin prpri u si è ngì
sl il ne gli res e l I lui si ngì
Perlugn prpr u s ng
sl l ne gl res e l G lu s ng
Perlun prpr u s n
sl l ne l res e l N lu s n
Perlu prpr u s
sl l e l res e l U lu s
Perl prpr s
sl l e l res e l E l s
Prl prpr s
sl l l rs l R l s
Pl pp s
sl l l s l L l s
P pp s
s s P s
s
s s S s
. . .